Yara, il film ora è nelle sale. Un invito ad entrare nella realtà di un’indagine unica

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Una storia tragica e immensamente vera raccontata con una delicatezza e un’accuratezza che solo un grande narratore del reale come Marco Tullio Giordana possono dare. Il film “Yara” – che uscirà su Netflix il 5 novembre e che è stato prodotto da Pietro Valsecchi, RTI e Netflix eè scritto da Graziano Diana – rimarrà nelle sale fino a mercoledì 20 novembre. Un invito ad andare a vederlo mi sento di farlo da cronista che conosce bene il caso che ha ispirato la pellicola, ovvero l’efferato omicidio di Yara Gambirasio tredicenne di Brembate di Sopra, avvenuto il 26 novembre 2010. Un caso che aveva sconvolto l’Italia non solo per la tenera età della vittima e per la sua disarmante semplicità, ma perché generò l’indagine più massiccia e pazzesca sul Dna che sia mai stata compiuta nella storia del crimine italiano e non solo. Nel film, di un’intensità palpabile nelle riprese e nelle interpretazioni degli attori, malgrado il titolo, la piccola Yara (interpretata dalla giovane Chiara Bono) è una protagonista che aleggia, sempre presente, ma non molto agente. Lo è invece Isabella Ragonese che interpreta la pm Letizia Ruggeri. La donna che ha diviso l’Italia per molto tempo a causa della sua caparbietà nell’andare avanti con l’indagine, malgrado tutte le numerose ed enormi difficoltà. La donna che, a causa di quella caparbietà, è riuscita a consegnare alla Giustizia e alla famiglia della vittima l’assassino, ma nello stesso tempo ha dovuto persino subire dei processi disciplinari da cui è uscita a testa alta. Nel film la Ruggeri è descritta cosi come si è mostrata sempre sia nelle indagini che nel processo: schiva ma determinata e molto coinvolta anche emotivamente nel caso in quanto mamma. Ad affiancarla un ottimo Alessio Boni, nei panni di un colonnello dei carabinieri che potrebbe ricordare in parte il comandante dei Ris Giampietro Lago, in parte quello dei Ros. Thomas Trabacchi è il maresciallo, Sandra Toffolatti e Mario Pirrello sono i genitori di Yara. La scelta degli attori che hanno poi interpretato l’assassino di yara, Massimo Giuseppe Bossetti (Roberto Zibetti), è stata azzeccata come quella di Marita Comi. Poco spazio hanno avuto i ruoli della mamma dell’assassino, Ester Arzuffi, e dei suoi difensori. In due ore sarebbe stato impossibile raccontare tutta la storia e io francamente credo che il regista abbia voluto prediligere la vicenda legata all’indagine e al processo, rispetto alla storia umana dell’imputato poi condannato. Una scelta direi ottima e coerente con Giordana e la sua opera. Una scelta che spero molti apprezzeranno. Io credo che questo film vada visto per entrare nella storia del nostro Paese e per comprendere una volta per tutte come è andata questa vicenda al di là dei proclami dei cosiddetti innocentisti della prima ora.

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