Uccise e fece a pezzi la sua amica e vicina di casa Carol Maltesi, mamma di 26 anni. Poi ne tenne il cadavere nel freezer prima di gettarlo tra i rifiuti a centinaia di chilometri da casa. È iniziato oggi a Busto Arsizio il Processo in Corte d’Assise per omicidio volontario e distruione di cadavere a Davide Fontana, 46 anni, impiegato di banca che abitava a Rescaldina in una corte accanto a casa della sua vittima. Per lui la difesa sostenuta dall’avvocato di Brescia Stefano Paloschi ha depositato una perizia psichiatrica in cui si evidenzierebbero dei «tratti personologici patologici di tipo ossessivo, narcisistico e dipendente che possono indicare un disturbo di personalità». tali da portare alla richiesta di semi infermità mentale. Intanto il Gup aveva rifiutato la richiesta di rito abbreviato.La difesa dell’imputato ha inoltre chiesto l’esclusione delle aggravanti della premeditazione, delle sevizie e degli abietti motivi, e che l’uomo sia ammesso al giudizio abbreviato almeno per i capi di imputazione relativi alla distruzione e all’occultamento di cadavere.
Tutte richieste rigettate dalla Corte. «Si è parlato di morte civile per la persona che ha commesso il fatto – ha commentato l’avvocato Manuela Scalia, che difende la madre di Carol Maltesi – ma la morte civile è la disperazione di due genitori che non hanno più la figlia, trucidamente ammazzata: l’ergastolo è per loro». Accolta invece l’istanza di dissequestro dei due appartamenti nella casa di corte di via Melzi dove vivevano la vittima e il suo assassino presentata dai proprietari.
La vicenda inizia nell’autunno del 2020 quando Davide Fontana, impiegato bancario di Milano, sposato con Silvia, conosce in un locale Carol Maltesi. Per lui è colpo di fulmine. Diventa “pazzo” d’amore, lascia la moglie e si trasferisce a Rescaldina da Carol, in una casa di corte in via Melzi, dove poi prende un altro appartamento per lui. Davide ha più di due vite: da una parte il bancario che lavora in smart working, che si definisce “ariete atipico, calmo e razionale ma testardo e determinato a raggiungere gli obiettivi prefissati”; dall’altro foodblogger in «storie di food» e influencer con il nickname «Uomo alla coque» con oltre 13 mila follower. Infine un terzo profilo: fotografo per passione di belle ragazze in pose hard, che ammette “adoro sperimentare, la banalità mi annoia”. È lui che avvicina Carol, con cui intrattiene un’amicizia intima, al sito hard Onlyfans e la porta a scegliere la strada di attrice hard su web e dal vivo. Lui non è geloso degli altri uomini “quelli li vede per lavoro” dirà. Sui set lui l’accompagna e molti lo scambiano per un assistente. Alla sua migliore amica Angela, Carol, in arte Charlotte Angie, racconta di essere legata a Davide ma non di esserne innamorata, anzi di avere un nuovo ragazzo e di essere felice e soddisfatta del suo lavoro perché con quei soldi potrà comprare una casa tutta sua a Verona, vicino al suo bambino. Carol infatti ha deciso che andrà a stare lì e lo ha comunicato a Davide. Il movente: l’abbandono della fonte di “estremo” e forse anche di soldi, da parte della donna che crede sua per un narcisista come lui diventa movente del delitto. Intanto anche Carol infatti aveva già vissuto più di una vita, anche se Fontana gliel’ha stroncata troppo presto. La ragazza veniva da Sesto Calende, dove fino al 2020 viveva con la mamma Giuseppina, detta Lilly. Il papà Fabio è in Olanda, ad Amsterdam. Carol è molto bella, già mamma di un bambino di 5 anni avuto da una lunga relazione con Marco B., imprenditore di Verona, presso il quale abita il piccolo. Aveva frequentato le Orsoline e l’istituto tecnico Fiorini sistema moda di Busto Arsizio, per poi andare a lavorare come commessa in un centro commerciale della zona. Sognava di fare la modella. «Era la più brava della classe alle Orsoline – racconta la sua amica Angela – andava a cavallo, aveva una vita bellissima; poi è arrivato il bambino comunque nato dall’amore e lei è diventata una madre amorevole». Dopo il lockdown e la conoscenza di Davide, per Carol arriva la decisione di entrare nel mondo dell’hard con il nome di Charlotte Angie. Nell’ambiente è molto nota. È persino attesa al Luxy Club di Milano per il Luky Erotik Festival dall’11 al 13 marzo, ma ovviamente non si è presentata. “Essere sé stessi in un mondo che cerca continuamente di cambiarti è la più grande delle conquiste” scriveva sui social la giovane, con foto di viaggi e del figlio, che chiamava il suo ‘ometto’. Il suo ometto e la sua mamma li vedeva spesso.Tra il 10 e l’11 a Carol capita quanto di peggio possa capitare ad una donna. Ecco come lo racconta il suo aguzzino. «Io e Carol avevamo deciso di riprenderci col cellulare mentre avevamo un rapporto sessuale violento. Siamo andati nella camera da letto di lei e io l’ho legata per i polsi, nuda e sdraiata, ad un palo della lap dance, utilizzando un nastro adesivo telato nero; poi le ho legato i piedi e le ho messo un sacchetto di plastica nero in testa, con un nastro adesivo sulla bocca. Ho quindi iniziato a colpirla con un martello, in modo leggero, lungo tutto il corpo e a partire dalle gambe. Giunto al capo l’ho colpita con forza alla testa anche se lei si agitava. Ho visto come un movimento della gamba. Ad un tratto ho capito cosa stavo facendo e ho sollevato il sacchetto dalla testa che sanguinava e quindi credendo fosse già morta e non sapendo cosa fare come atto di pietà le ho tagliato la gola con un coltello che ho gettato nella spazzatura. Dopo sono stato a vegliarla per mezzora e me ne sono tornato a casa mia». Dal racconto è stato subito chiaro ai carabinieri che il tentativo di far credere che l’omicidio fosse capitato per sbaglio è stato inutile: secondo la Procura Davide Fontana ha agito lucidamente per uccidere e dopo ha fatto di tutto per eliminare tutte le tracce. Depistando poi qualsiasi sospetto e usando l’auto e il cellulare della vittima per far credere di essere lei con i suoi genitori e con chi la cercava. Nel dettaglio il racconto: «Il giorno dopo sono andato con la Fiat 500 di Carol (la mia è guasta in cortile) al Bricoman per comprare un seghetto e un’accetta, che poi ho abbandonato a Legnano. Nei giorni successivi sono andato in casa di Carol e l’ho fatta a pezzi inserendola in cinque sacchi neri. Ho ripulito l’appartamento con stracci e candeggina. Poi ho coperto le finestre sulla strada con delle tende oscuranti che avevo comprato un braciere per bruciare i resti, ma non sono riuscito e l’ ho restituito. Invece su Amazon ho acquistato un freezer a pozzetto (lo stesso che il procuratore capo di Busto Arsizio definisce ingombrante) e ho messo dentro i sacchi». Ancora nella settimana successiva Fontana inizia a pensare di liberarsi di quei resti. Affitta su Airbnb uno chalet sulle alture di Vararo con vista Lago di Varese e vi si reca con l’auto di Carol per rendersi conto della logistica. Poi ci torna con i sacchi che contengono la povera Carol per bruciarli nel barbecue della villa con alcol e benzina, ma non riesce nell’intento. Torna allora a Rescaldina e rimette i resti nel freezer. Segue un sopralluogo a Borno, dove andava da ragazzo in vacanza, dove aveva conosciuto sua moglie vent’anni prima, e soggiorna nell’hotel San Martino di Boario Terme. Il 19 marzo con un taglierino cerca di eliminare dei tatuaggi sui resti di Carol e la pelle del viso per renderla irriconoscibile. Il 20 marzo, è domenica, porta i resti di Caroil in auto a Borno e li abbandona nella scarpata a Paline. Dirà: «Le buste in cui ho abbandonato Carol non erano quelle dell’inizio, le ho cambiate più volte». Poi torna a casa. Dal 10 gennaio al 29 marzo, quando confesserà, nessuno ha cercato Carol? Non proprio. Davide si fingeva Carol. Abbiamo visto che la mamma era convinta che fosse via per lavoro e poi dal figlio: «L’ho chiamata un sacco di volte ma non rispondeva, e quando mi arrivavano messaggi rassicuranti che stava bene e che non prendeva il telefono perché era a Dubai, usando pure lo pseudonimo “micia” con cui la chiamavo, io credevo fosse lei, io non potevo pensare che non era lei a rispondere ma un lucido assassino». Anche il papà Fabio che sapeva che la figlia aveva un lavoro particolare e impegnativo e spesso era in viaggio, aveva ricevuto messaggi rassicuranti, persino gli auguri di compleanno, e aveva creduto che fosse la figlia. Poi visto che il 24 marzo non aveva fatto gli auguri al suo bambino si era convinto a denunciare la scomparsa all’ambasciata di Dubai. Intanto il bancario cercava di costruirsi alibi, non solo usando il cellulare di Carol e la sua auto, ma addirittura recensendo su Airbnb lo chalet di Vararo dove aveva fatto il sopralluogo scrivendo «luogo magico immerso nella natura per trascorrere del tempo in totale relax…». Tuttavia, il cerchio intorno a lui iniziava a stringersi. Il 20 marzo Fausto Fedrighi, pensionato di Paline, trova i resti di Carol. Il 23 i carabinieri di Breno diramano l’elenco dei tatuaggi riconosciuti. Il 25 un radioascoltatore de La Zanzara, che conosceva “Charlotte Angie” di fama, chiama il sito BresciaNews e dice che forse la ragazza ritrovata a Paline è lei. A quel punto il giornalista Andrea Tortelli si collega ai profili di Carol, alias Charlotte, e inizia a chattare con Fontana sperando fosse lei, ma temendo che dietro i messaggi si nascondesse qualcun altro. Insiste nel volerlo chiamare per essere certo che sia lei. Ma lui prende tempo. I carabinieri intanto hanno visto, dalle telecamere di Borno, la Fiat 500 di Carol salire verso Paline. A Fontana sono ormai arrivati i militari di Breno, quando lui, braccato, va in caserma a Rescaldina facendo un ultimo tentativo di fuga e denuncia la scomparsa della vicina. Ma cade in contraddizione e viene quindi fermato per omicidio volontario, distruzione e occultamento di cadavere. «Anche se ero d’accordo che Carol di cui ero follemente innamorato avesse rapporti con altri uomini, non potevo accettare che se ne andasse lontano, che mi abbandonasse»: nella confessione il movente passionale è netto. Davide non usa la parola gioco erotico, non tenta nemmeno di far credere che possa essere stato un “incidente” di percorso: è chiaro che si è trattato di un atto volontario dettato dal ferimento del suo ego. Per il Gip il quadro indiziario è netto e chiaro ovvio che ora la Procura dovrà accertare che la dinamica e il racconto di Davide Fontana sia compatibile con i riscontri oggettivi. Intanto le tracce di sangue, malgrado l’accurata ripulitura della casa di Carol, sono emerse numerose e collimanti con la dinamica raccontata. Mancano ovviamente gli accertamenti autoptici resi complicati dallo stato del cadavere, i riscontri su cellulari e apparecchi elettronici e le analisi su tutti i reperti sequestrati incasa, come gli stracci della pulitura e gli abiti. Le armi sono tutte sparite. «Non ci sono segni di una mattanza – ha ammesso il procuratore Nocerino – ma quello che colpisce in quella casa è la presenza di numerosi peluche quasi sicuramente della vittima». Carol mamma e Carol ancora bambina è stata vittima di un atroce femminicidio.